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Fermo: Fermo: Pellegrini di Speranza. Ieri il pellegrinaggio

Da San Domenico al Duomo.
Il cammino dei pellegrini di Speranza.
Molti i fedeli presenti.

Fermo. Domenica 29 dicembre. La chiesa di San Domenico è gremitissima. Molti fedeli restano all'esterno. Sull'altare, l'arcivescovo di Fermo Rocco Pennacchio è contorniato da numerosi sacerdoti e da un altro vescovo: mons. Armando Trasarti. È il giorno del pellegrinaggio. Dalla concattedrale si salirà sino alla cattedrale. Pellegrini di speranza, ha detto papa Francesco, pensando a quanti si recheranno nei prossimi mesi a Roma per l'anno giubilare attraversando la Porta Santa. Altre porte sante non ce n'è. Quella che verrà attraversata a Fermo è una delle porte giubilari.La processione si incolonna. Davanti la croce seguita dai diaconi e poi i sacerdoti, e poi, ancora, i fedeli che rispondono alle preghiere.In piazza del Popolo la pista di ghiaccio ha richiamato gente. I pellegrini la lambiscono. I bambini che calzeranno i pattini guardano questo popolo che si accinge ad ascendere il Colle Sabulo sino alla chiesa madre. Coppie di giovani genitori si fermano per lasciar passare il corteo. C'è un misto di stupore, meraviglia, voglia di comprendere. Qualcosa li richiama. Dentro, nel cuore.I pellegrini vanno e interpretano quell'antico pellegrinaggio che è fatto religioso e storico. Da sempre ci si è mossi come per anticipare una meta che verrà, un bisogno di sacro che ci fa alzare lo sguardo, che ci porta via dal nulla. Il pellegrinaggio appartiene all'area mediterranea. All'Europa in specie. Scriveva Goethe che «L'Europa è nata pellegrinando e la sua lingua è il cristianesimo». Dovremmo ricordarcelo in questa epoca di insensatezza e violenza, di liquefazione del nostro Continente.Mentre si continua a salire e pregare, qualcuno sventola una piccola bandiera con il simbolo dell'attuale Giubileo 2025. Nel logo c'è un mare non tranquillo e quattro onde o vele, questo ci sembra, l'ultima delle quali aggrappate ad un'ancora con una croce in cima. Flette l'ancora crociata, ma resiste. Resiste come una roccia. È salda. C'è! Ci si può aggrappare. Non sarà abbattuta.Alla svolta del Girfalco, i pellegrini sembrano ricevere la benedizione di san Savino, la statua ha il braccio destro alzato e la mano aperta. Come ad accogliere. Aperto è anche lo scenario sui Sibillini bianchissimi di neve. Lassù, nell'incavo dei monti magici, tra la profana Sibilla e la religiosa Priora, anche il Santuario della Madonna dell'Ambro ha la sua porta giubilare.La processione ha raggiunto il Girfalco. Il bianco delle tuniche dei preti e dei religiosi è intervallato dagli alberi del viale, come fotogrammi che si susseguono con attimi di pausa. Non c'è calca all'entrata. Il Duomo si riempie. 1300/1400 fedeli? Tanti comunque.Mons. Pennacchio torna sulla Speranza, il tema forte di questo Giubileo. Sperare in un mondo che non lo fa più, che è impaurito. Sperare oltre ogni speranza, scrivevano i dissidenti russi affidando i loro scritti al samizdat, i fogli clandestini. La speranza non è l'ottimismo dell'andrà tutto bene, dice l'arcivescovo, la speranza è la certezza, è la fede di un progetto buono, di qualcosa di buono per la nostra vita. Gesù è stata la risposta. Il Natale è appena passato. È lui è entrato nella carne viva.Sperare – ha detto il Papa - è attendere qualcosa che ci è già stato donato: la salvezza nell’amore eterno e infinito di Dio. Mons. Pennacchio richiama l'antico giubileo che rimetteva i debiti; e richiama ognuno a gesti di pace e di concordia con il prossimo, con il più vicino. Concretezza e non astrazione. Giubileo come occasione di conversione e rinnovamento spirituale. La celebrazione continua. I fedeli rispondono all'unisono. Si capisce che questo è un popolo, magari nel prossimo futuro sarà “un resto di Israele”, ma c'è, esiste, opera. Può cambiare la società, ognuno cambiando se stesso.Il coro è molto efficace. Le trombe si amalgamano alle voci. Non suona il corno (jobel) ma è come se lo facesse. C'è aria nuova. C'è ancora possibilità. Lunedì, 30 dicembre 2024Puoi commentare l'articolo su Vivere Fermo


Adolfo Leoni