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Monte San Pietrangeli: Nero Giardini, internazionalizzazione è la parola d’ordine per guardare al futuro

Intervista ad Alessandro Bracalente, managing director della Nero Giardini e figlio del suo fondatore, Enrico.

Pochi giorni fa si è chiuso il MICAM, l’appuntamento che riunisce due volte l’anno buyer e produttori del mondo calzaturiero. Com’è andata questa edizione?Le attese non erano delle migliori: abbiamo fatto come di consueto una campagna di inviti verso i nostri clienti, a cui in molti hanno risposto manifestando non pochi dubbi sulla partecipazione alla fiera. Prendere parte a una fiera come il MICAM, infatti, è ormai diventato costoso per piccoli produttori o negozianti che, spesso, sono costretti a chiudere se si assentano e devono sostenere costi importanti per muoversi. Al contrario delle attese, invece, devo dire che i numeri hanno dimostrato il contrario: le presenze ci sono state e, anzi, abbiamo migliorato gli ordini rispetto allo scorso anno. Non sarà una delle nostre stagioni migliori - e anzi nel 2025 avremo probabilmente un leggero segno meno - ma nel complesso la fiera ha avuto un riscontro importante, positivo e migliore del previsto. Quali sono i mercati che stanno risentendo maggiormente della crisi? Meglio quello italiano o i mercati esteri, al momento?Generalizzare è abbastanza complicato, perché la situazione varia molto da mercato a mercato: ci sono Paesi europei in cui abbiamo una buona risposta, altri in cui la situazione è più stabile, altri in cui invece si sente maggiormente la crisi, e parlo ad esempio del mercato tedesco che in questo momento è in sofferenza. Nel caso della Germania si percepisce proprio una difficoltà a livello di budget da parte dei retailer, quindi è evidente che la situazione economica è difficile al momento. Per quanto riguarda l’Italia, a oggi la situazione è stabile, grazie anche al fatto che siamo una delle aziende di riferimento del settore.Parliamo di Italia e, nello specifico, del distretto calzaturiero fermano: quali potrebbero essere le soluzioni per arginare o comunque limitare l’impatto della crisi del settore?La crisi che viviamo oggi è frutto di molteplici fattori che negli ultimi 15 anni si sono susseguiti determinando una crisi profonda, senza dimenticare le responsabilità degli stessi calzaturieri, che non hanno saputo allearsi e creare delle sinergie. Trovare la soluzione a tutto questo è dunque estremamente complesso. Ma oggi, quel che più mi preoccupa, è che la crisi non è legata tanto al Made in Italy o alle importazioni, o a fattori intrinseci del settore, ma è una crisi generale legata al costo della vita: l’inflazione in crescita costante sta determinando un importantissimo aumento dei costi da ormai due anni e, ovviamente, se aumentano i costi calano i consumi; un calo dei consumi di cui risentono tutti i settori ma, in particolare, un settore come quello calzaturiero che produce beni voluttuari o comunque non di prima necessità. La soluzione alla crisi dovrebbero fornircela quindi i governi, con sostegni alle aziende ma anche ai dipendenti, perché con gli stipendi attuali (e la tassazione applicata) l’aumento del costo della vita che c’è stato negli ultimi due anni sta diventando insostenibile. Questo è il vero problema, a mio avviso, ed è una questione che mi spaventa. Passiamo a innovazione e tecnologia: come si integrano, oggi, in un settore che è per eccellenza manifatturiero come quello delle calzature?A livello di innovazione tecnologica, nella produzione, la Nero Giardini è sempre stata all’avanguardia: mio padre è stato sicuramente lungimirante in questo senso, e sin dagli inizi non ha esitato a integrare nuovi macchinari e tecnologie nella produzione. Non dimentichiamo tuttavia che la calzatura è un prodotto artigianale, per cui la persona e la sua abilità manuale resta comunque al centro del nostro processo produttivo: la calzatura è e deve restare un prodotto artigianale. Impieghiamo invece in maniera più massiva software e macchinari di ultima generazione nell’ambito della logistica, dove la tecnologia fornisce un aiuto fondamentale: in questo, la Nero Giardini è sicuramente avanguardistica. Mio padre ha sempre creduto nella digitalizzazione, basti pensare che già nel 2007-2008 avevamo un reparto IT interno con 5-6 ragazzi, cosa che probabilmente nessun altro calzaturiero del distretto aveva. Dunque, sì a innovazione e tecnologie ma mantenendo comunque l’artigianalità del prodotto. Un’ultima domanda: quali prospettive per il futuro?Per la Nero Giardini, la parola d’ordine per il futuro è internazionalizzazione. Sono di ritorno da una fiera negli Stati Uniti, proprio perché stiamo lavorando per far diventare la Nero Giardini un brand internazionale. In realtà, avevamo avviato il progetto di internazionalizzazione nel 2020, poi però il covid ha bloccato tutto; dal 2022-2023 siamo ripartiti e, al momento, stiamo lavorando bene in Giappone e Corea. Ci sono poi Stati Uniti e Canada, dove siamo ancora agli inizi, ma ci sono ampie possibilità di sviluppo e, al momento, la risposta è più che positiva. Naturalmente, senza dimenticare il nostro mercato italiano.Puoi commentare l'articolo su Vivere Fermo


Roberta Ripa