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Il prof. Guido Silvestri sul caso Pinti: "L'HIV non può essere negato, e chi lo fa merita la galera"

La provincia di Ancona è stata scossa in questi giorni dal caso del giovane trasportatore di Agugliano, Claudio Pinti, affetto da Hiv da almeno 10 anni, che in tutto questo periodo non si sarebbe mai curato e avrebbe avuto rapporti non protetti con oltre 200 partner, stando a quanto ha riferito lui stesso alla polizia.

Su questo caso intervistiamo il professor Guido Silvestri, senigalliese che da anni dirige negli Stati Uniti un laboratorio di ricerca di studio dell'infezione da HIV, massimo esperto mondiale del virus.

In questa vicenda, oltre alla condotta irresponsabile dell’uomo, quello che sconcerta è la negazione,  da parte di Pinti, che il virus dell’Hiv provochi l’Aids.  Al di là delle azioni del singolo individuo, in casi come questo si possono ravvisare delle responsabilità esterne da parte di chi diffonde pericolose teorie cospirazioniste?
S. "Per quanto mi riguarda, da medico, il signor Pinti rimane prima di tutto un paziente. Il suo comportamento e’ assurdo dal punto di vista scientifico, estremamente discutibile dal punto di vista morale, ed anche penalmente perseguibile. Ma dal punto di vista medico e psicologico la sua e’ stata una reazione di difesa (appunto il diniego), alla diagnosi di una malattia potenzialmente mortale. Per come la vedo io, i veri responsabili di questo terribile episodio sono quei "medici", a volte anche infettivologi, che direttamente o indirettamente gli hanno messo in testa questa idea folle del "negazionismo", una idea che nel mondo ha gia' causato un numero enorme di morti. E mi pare assurdo che il paziente sia finito in galera mentre questi cattivi consiglieri non solo la fanno franca, ma addirittura vengono omaggiati ed invitati a fare conferenze, come purtroppo e’ avvenuto alcuni mesi fa nella nostra Senigallia, grazie ad un certo gruppo consiliare. Spero che, almeno adesso, questi signori si rendano conto della gravita' di quello che hanno fatto".

Claudio Pinti è stato etichettato come "untore" di un possibile contagio di massa.  È preferibile usare una terminologia diversa per i malati di HIV?
S."Il termine untore è assurdo e sbagliatissimo. Oggi la infezione da HIV è prevenibile e curabile (anche se non guaribile). Diro’ di più: usare il termine untore è come dare un cazzotto in piena pancia alle persone con HIV che lottano per far capire a tutti che avere l’HIV non significa automaticamente avere l’AIDS, che se si è stabilmente in terapia antiretrovirale l’infezione è così ben controllata che il virus scende sotto la soglia che rende chi ce l’ha infettivo, e che chi, grazie ai farmaci, ha livelli di viremia non rilevabili non potrebbe trasmettere il virus per via sessuale neppure se lo volesse. Purtroppo molti giornali anzichè fare sull’HIV/AIDS una informazione corretta stanno invece mettendo in campo un apparato di termini stigmatizzanti e di argomentazioni adatte ad attirare i lettori. Ma alle reazioni di chi con l’HIV ci deve convivere, al male che fa essere automaticamente associati a un "untore", chi ci pensa?".

Chi è contagiato dall’Hiv senza saperlo, quando inizia a rendersi conto della malattia? E quanto tempo ha a disposizione prima che le conseguenze siano irreparabili e si manifesti l’Aids? Come è possibile che alcune persone sieropositive trascorrano degli anni senza alcun sintomo evidente come sarebbe accaduto a Claudio Pinti
S. "E' perfettamente normale che una persona infettata con HIV rimanga del tutto priva di sintomi e quindi apparentemente sana per alcuni anni anche senza fare terapie – si tratta della storia naturale dell’infezione che conosciamo ormai da oltre 30 anni. Aggiungo che in alcuni casi questa fase di cosiddetta latenza clinica puo’ durare anche per molti anni: si tratta di un fenotipo dell’infezione raro ma ben conosciuto: sono i cosiddetti 'slow progressors' o 'controllers'. Però in assenza di terapie circa il 99% delle persone che vivono con HIV vanno incontro all’AIDS, che è una immunodeficienza a mortalita’ altissima. Per questo è fondamentale che chi è infettato con HIV faccia le opportune terapie antiretrovirali, che sono efficaci e sicure. Le deve fare in primis per sè stesso, e poi per evitare di contagiare i suoi partners sessuali".

Dopo le paure degli anni ’80 e ’90, negli ultimi tempi l’allarme sociale su Hiv e Aids si è parecchio affievolito. Proprio la regione Marche è una delle regioni italiane con la più alta incidenza di casi di sieropositività. Come si può intervenire per sensibilizzare maggiormente la popolazione?
S. "Alcune parole chiavi sono informazione, educazione, sensibilizzazione, e checkpoint. I primi tre sono concetti ben conosciuti, e sui quali non bisogna mai abbassare la guardia. Invece vorrei parlare un po’ di piu’ dei checkpoint, che sono i centri per l’offerta del test HIV al di fuori dell’ambiente ospedaliero. Questi checkpoint sono gestiti dalle associazioni e rappresentano uno strumento fondamentale per contrastare la diffusione dell’HIV, specie in determinati gruppi di popolazione. Ricordo che la diagnosi tempestiva dell’infezione è un intervento fondamentale. Tra il momento dell’infezione e quello della diagnosi possono passare diversi mesi, in alcuni casi persino anni. In questo periodo la persona può trasmettere involontariamente il virus: secondo alcuni studi, ai casi non diagnosticati di sieropositività – stimati in Europa intorno al 13-16% del totale – è attribuito fino al 66% delle nuove infezioni. Potenziare l’accesso al test è cruciale. Bisogna quindi rinforzare l’attività dei checkpoint esistenti e aprirne di nuovi". 

Lo scorso aprile, è stato nominato nuovo presidente del consiglio scientifico dell'Anrs (Agence Nationale de Recherche sur le Sida et les Hépatites), ente che dal 1988 finanzia e coordina tutte le ricerche di base, cliniche ed epidemiologiche sulle infezioni da Hiv ed epatiti in Francia. Quali sono i prossimi progetti dell’Anrs?
S. "Questa nomina rappresenta per me una grande soddisfazione ma anche una enorme responsabilita’, della quale spero di essere all’altezza. L’ANRS e’ il piu’ grande ente che finanzia la ricerca su AIDS ed epatiti nel mondo al di fuori degli USA. Il nostro scopo e’ di continuare a coordinare e supportare una ricerca di base, clinica ed epidemiologica di assoluto valore internazionale e che contribuisce in modo determinante a sconfiggere queste malattie".   

Lei ha di recente pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista scientifica Nature che da molti e' stato definito "una scoperta essenziale" verso ll'eliminazione della malattia...
S. "E' un articolo carino, se mi passate il termine, e ci ha fatto piacere ricevere cosi' tanti commenti favorevoli. Ma e' solo un passo verso la'eliminazione dell'AIDS, e la strada per raggiungere questo obiettivo e' ancora lunga. Io pero' sono un ottimista di natura, e penso che alla fine vinceremo questa battaglia".Puoi commentare l'articolo su Vivere Senigallia


Valeria Bellagamba